Emergenza nucleare? In generale, non tira aria buona dal 2020, ma ultimamente la tensione si sta facendo davvero sentire. Per questo abbiamo pensato a un articolo che possa aiutare a fare il più possibile chiarezza cercando, per quanto possibile, di rassicurare su certi aspetti che possono davvero spaventare e si sa, l’ansia e la paura in queste situazioni non sono mai buone consigliere.
Partiamo dal presupposto che incidenti di tipo radioattivo e/o ad impianti nucleari sono possibili ma, ad oggi, direi poco probabili almeno per quanto riguarda il nostro territorio nazionale. Ad ogni modo, esiste un documento chiamato Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari stanziato dal governo che affronta ogni specifica calamità sulla base della distanza rispetto ai confini nazionale. In particolare, al suo interno si fa una distinzione tra eventi emergenziali entro o oltre i 200 km dai confini nazionali. Sulla base della distanza dell’evento calamitoso e al suo grado di severità il Piano indica le varie misure protettive per la tutela della salute pubblica da attuare con il fine di ridurre il più possibile gli effetti indotti sulla popolazione e sull’ambiente. Va da sé che misure come la IODOPROFILASSI (parola che forse abbiamo imparato a conoscere dal disastro di Chernoyl) o il riparo al chiuso siano previste solo in caso di eventi emergenziali gravi ed entro i 200 km dai nostri confini. Teniamo a ripeterlo, cosa possibile ma altamente improbabile.
Se comunque l’ottimismo non è il vostro forte e l’ansia da sempre fa parte del vostro carattere vi sarà magari balenata l’idea di procurarvi come scorta l’antidoto allo iodio radioattivo, ovvero lo ioduro di potassio. È un sale inorganico dello iodio usato proprio in queste particolari situazioni di emergenza che permette di ridurre se non bloccare gli effetti dannosi degli isotopi radioattivi dello iodio che possono avere sulla tiroide (disfuzioni cellulari fino a carcinomi).
Doverose precisazioni a questo punto sono da fare:
- La probabilità di contrarre tumori alla tiroide a seguito di inalazione o ingestione di iodio radioattivo aumenta con la dose a cui si è esposti. Questo rischio è inoltre fortemente dipendente dall’età al momento dell’esposizione e più precisamente la classe di età 0-18 anni risulta quella a maggior pericolo di effetti dannosi. Tale rischio si riduce sensibilmente negli adulti e tende ad annullarsi oltre i 40 anni di età. Esiste poi una maggiore radiosensibilità della tiroide in alcune condizioni fisiologiche, come gravidanza e allattamento. Le classi di età che quindi avranno bisogno di assumere iodio stabile a scopo preventivo saranno dagli 0 ai 40 anni, donne in gravidanza e in allattamento.
- Il dosaggio non è uguale per tutti. Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità i diversi gruppi di età devono seguire posologie di somministrazione differenti:
- 0 – 1 mese à 16 milligrammi
- 1 mese – 3 anni à 32 milligrammi
- 3 anni – 12 anni à 65 milligrammi
- Oltre i 12 anni à 130 milligrammi
- La iodoprofilassi non è però una terapia giornaliera nell’eventualità di un disastro nucleare, ma la sua somministrazione deve essere meno di 24 ore prima l’inizio previsto dell’esposizione (efficienza massima) e fino a due ore dopo. Assumere lo iodio stabile invece dopo le 24 ore successive all’esposizione può causare più danni che benefici, prolungando l’emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide.
Si ritiene sia sufficiente un’unica somministrazione di iodio stabile alla posologia consigliata. Nell’eventualità di un rilascio radioattivo prolungato nel tempo, potrà essere presa in considerazione l’ipotesi di somministrazioni ripetute, in particolare per specifiche categorie come donne in gravidanza e allattamento (al massimo per due giorni), mentre non è consigliata la ripetizione della somministrazione per i neonati.
Nel caso si avesse l’ansiosa e malsana idea di assumere potassio ioduro per giorni in attesa di eventi nucleari catastrofici è importante conoscere quelli che possono essere i possibili effetti avversi, ovvero ipertiroidismo iodo-indotto, ipotiroidismo iodo-indotto o effetti avversi extratiroidei come disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea, dolore gastrico), reazioni allergiche (angioedema cutaneo, artralgie, orticaria, eosinofilia, linfoadenopatia) e rash cutanei. Questo elenco, da solo, dovrebbe bastare a far capire che l’uso improprio porta a più danni che benefici.
Ultima, ma non meno importante, informazione è che l’approvvigionamento di questo antidoto non deve essere un fai-da-te. Seppur quindi l’esperienza delle mascherine non sia delle più promettenti, il Piano prevede una dettagliata procedura, attuata dal Ministero della Salute, che mira ad assicurare la iodoprofilassi nel più breve tempo possibile attraverso la distribuzione delle scorte di iodio stabile alle categorie di popolazione a maggiore rischio.
È fondamentale non iniziare ad impazzire nella “corsa allo ioduro di potassio”. Si tratta infatti di una preparazione galenica, in compresse o in capsule, in quanto non esiste un medicinale realizzato industrialmente e immediatamente disponibile. L’acquisto prevede sempre ricetta medica ripetibile (qualsiasi medico può redigere la ricetta) in cui è indicato lo specifico dosaggio e il numero di dosi.
ATTENZIONE AGLI INTEGRATORI: esistono in libera vendita integratori contenenti ioduro di potassio da solo o in associazione con altri microelementi essenziali (vitamine e/o minerali). Si potrebbe quindi erroneamente pensare di acquistarli come alternativa. In realtà serve se non come supplemento all’organismo di iodio e degli altri eventuali componenti ma questo sempre e solo nell’ordine di microgrammi (solo in questo modo può essere infatti classificato come integratore). Infatti, i dosaggi di iodio che si trovano negli integratori sono ben lontani per ottenere una iodoprofilassi contro le radiazioni.
https://www.protezionecivile.gov.it/static/da3c780d38a2f1abe6d0cf618c93a467/piano-nazionale-gestione-emergenze-radiologiche-nucleari-20220309-21_1.pdf
Le informazioni contenute in questo articolo sono elaborati sulla rilettura critica di articoli scientifici, testi universitari e basandosi sulla nostra pratica comune, hanno soli scopi informativi e non hanno pertanto valore di prescrizione medica, non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.
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